L’attualità spicciola di questi giorni, vedasi insediamento del nuovo governo, ci spinge, almeno stavolta, lontani da norme e regole, a parlare di indirizzi programmatici.
Lo spunto viene dal discorso alla Camera dei Deputati della neo premier ove la stessa ha annunciato un sostegno al mondo produttivo, logorato come mai da inflazione e crisi energetica.
Il cavallo di battaglia è un graduale intervento per arrivare a un taglio di almeno cinque punti del cuneo fiscale e contributivo in favore di imprese e lavoratori, con l’obiettivo di ridurre il carico fiscale delle prime e aumentare le buste paga dei secondi. Più volte, anche in questa rubrica, abbiamo evidenziato che l’eccessivo carico fiscale sul lavoro è uno dei principali ostacoli alla creazione di nuova occupazione e alla competitività delle nostre imprese sui mercati internazionali, oltre che a ridurre il potere di acquisto delle famiglie eroso dal caro bollette e da un tasso di inflazione che ha raggiunto l’11% su base annua. L’auspicata riduzione, ripartita in proporzione di 2/3 in favore dei lavoratori consentirebbe a quest’ultimi il guadagno di una mensilità aggiuntiva annuale netta scongiurando la probabile recessione derivante da un calo generalizzato dei consumi.
Per raggiungere tale obiettivo è necessario ridurre le imposte sui premi di produttività, innalzare ulteriormente la soglia di esenzione dei cosiddetti fringe benefit, e potenziare il welfare aziendale.
Vale la pena ricordare che, oggi, i premi di produttività sono tassati con una cedolare secca del 10% fino a 3mila euro annui, per redditi fino a 80mila euro ma che tale agevolazione è quasi sempre virtuale, infatti le somme sono riconosciute ai dipendenti al raggiungimento di incrementi di produttività, di redditività, qualità, efficienza e innovazione, ma i paletti molto rigidi messi dall’Agenzia delle Entrate per far scattare la tassazione agevolata hanno frenato la diffusione dell’istituto mentre, per quanto concerne i fringe benefit, il decreto Aiuti bis ha si innalzato l’esenzione fino a 600 euro, da 258,32 euro, ma tale ulteriore agevolazione scade di fatto il 31.12.2022.
L’auspicio, lo stesso che Confindustria sta portando avanti da mesi, è che, nella manovra di fine anno, si inizi gradualmente ad intervenire per ridurre il cuneo fiscale e contributivo, che oggi in Italia ha toccato livelli insostenibili: 46,5%, secondo l’Ocse che arriva al 50% se aggiungiamo oneri e contributi sociali.
Un azione concertata, magari con le stesse parti sociali, che vada, sia pur gradualmente vista la scarsezza di risorse a disposizione, in questa direzione, produrrebbe vantaggi tangibili a tutto il sistema paese e libererebbe risorse che in parte verrebbero reinvestite creando occupazione e quindi intervenendo positivamente sull’altro storico problema spinoso, la distanza fra i giovani ed il mercato del lavoro.
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