Uno tra gli aspetti più delicati del mondo del lavoro, oltre alle c.d. politiche attive, si riscontra nella ingarbugliata legislazione riguardante gli incentivi all’assunzione. Consentitemi, quindi, qualche parola per evidenziare le molte criticità che contraddistinguono ogni nuovo ingresso incentivato in azienda.
Concordiamo tutti, ritengo, circa la necessità che il Legislatore incentivi i nuovi ingressi nel mondo del lavoro, così da fornire, protezione alle fasce deboli e, ai potenziali datori di lavoro, un’opportunità economico-finanziaria interessante in caso abbiano una necessità aziendale di assumere.
Non si può discutere la tutela offerta, ad esempio, alle donne prive di lavoro o ai giovani che fanno la loro prima esperienza lavorativa oppure a chi, già avanti negli anni, si è trovato disoccupato.
Tuttavia, esiste un freno di nome “burocrazia” che limita gli effetti di ogni provvedimento agevolativo e che in nome di una teorica “semplificazione” ad ogni occasione aumenta.
Tra la normativa interna, quella europea, e la prassi amministrativa, in genere di origine Inps, è scontato perdersi anche per gli addetti ad i lavori. Scorrendo l’elenco degli incentivi, infatti, si intuisce subito come sia stata creata, nel tempo, una base di situazioni che danno il senso di una mancanza di strategia e di programmazione adeguata.
Ogni Governo che si succede inserisce o toglie qualcosa, creando così ulteriore caos operativo. Capita, ad esempio, che simili agevolazioni si trovino a coesistere nello stesso momento, pur con durate ed addirittura sgravi contributivi differenti, come per l’assunzione dei giovani o delle donne.
Altro esempio, riguardo il lavoro femminile. Si parte dalle donne “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi”, purché residenti in determinate Regioni, o che svolgano una professione o operino in un settore economico caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere per giungere, infine, a donne “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi”, queste senza alcun limite riguardo alla loro residenza.
Che dire poi della mancanza dei requisiti che bloccano gli accessi alla agevolazione, il rispetto degli obblighi di legge e di contratto collettivo, del principio di precedenza nell’assunzione, dell’incremento occupazionale netto, della regolarità contributiva; del de minimis, delle norme in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, ecc., in alcuni di queste case il rispetto dei requisiti è mobile e non può neanche essere effettuato a priori ma deve essere verificato mese per mese. .
Siamo certi, quando andiamo a effettuare un tale tipo di assunzione, che l’azienda abbia davvero tutti i requisiti per accedervi? Risposta, no.
E’ questo il prezzo da pagare alla legalità che va garantita e tutelata ? Non è proprio possibile porre la massima attenzione a premiare, con incentivo, le imprese virtuose; fornendo, altresì, agli operatori un minimo standard operativo a mezzo del quale agire con maggiore tranquillità.
In mancanza si rendono vane le norme ed i fiumi di carta che le hanno interpretate favorendo l’accesso al buon vecchio apprendistato, anch’esso parecchio burocratizzato, ma comunque più praticabile.
L’auspicio, o forse il sogno, è il ripensamento dell’intero strumento agevolativo, rendendolo più organico e meno complesso, per far questo servirebbero progettualità, attenzione agli aspetti operativi, meno burocrazia e maggiore trasparenza.
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