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Trattamento di fine rapporto in busta paga

Il tema del trattamento del fine rapporto è tornato ad essere oggetto di particolare attenzione a seguito di un recente intervento dell'Ispettorato del Lavoro, seguito da alcune pronunce giurisprudenziali che hanno fatto emergere i limiti all'erogazione ai lavoratori delle somme dagli stessi maturate.

La normativa generale dell'istituto del TFR è dettata dall'art. 2120 c.c., in forza del quale in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a tale indennità calcolata sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione lorda dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

La somma maturata dai lavoratori può essere anche oggetto di anticipazioni nel corso del rapporto di lavoro in presenza di alcune esigenze individuate dalla legge.

Nello specifico, i lavoratori che abbiano maturato almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, possono chiedere, in costanza di rapporto di lavoro e per una sola volta per tutta la sua durata, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento maturato alla data della richiesta nei seguenti casi:

a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile;

c) periodi di fruizione dei congedi parentali e periodi di fruizione di congedi correlati alla formazione.

Alla luce di un recente parere emesso dall'Ispettorato del Lavoro e confermata dalla Corte di Cassazione è opportuno segnalare che l'eventuale erogazione mensile in busta paga di un'anticipazione del TFR maturato dai dipendenti è illegittima e in particolare contrasta con la disciplina dettata dall'art. 2120 c.c. anche in caso di un accordo con i lavoratori ex art. 2120 c.c., inserito nella lettera di assunzione.

La Corte ha affermato che le condizioni di miglior favore, che il patto individuale può legittimamente introdurre al regime legale di anticipazione del TFR, non possono concretizzarsi in una erogazione mensile, atteso che le stesse possono unicamente ampliare i presupposti legali stabiliti per le anticipazioni del TFR accantonato, ossia:

Individuare causali ulteriori o ampliamento delle ipotesi previste dal codice civile, derogare alla regola dell'una tantum dell'erogazione, all’importo massimo dell'anticipazione, all’anzianità minima ed al numero massimo di richieste che il datore può accordare.

I patti individuali invece non sono abilitati a consentire la mera erogazione mensile degli importi maturati con la conseguenza, da non sottovalutare, che l'Inps è abilitata a chiedere su tali somme erogate mensilmente la ordinaria contribuzione e gli stessi percipienti potrebbero, in fase di risoluzione del rapporto di lavoro, disconoscere la natura delle somme già ricevute a tale titolo e chiederne nuovamente la erogazione.

La prassi “diffusa” dell’anticipazione mensile del Tfr viene messa in discussione, ai datori di lavoro, privati e domestici, il compito di rischiare o cambiare le proprie abitudini.

 
 
 

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