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Terapia shock per il licenziamento illegittimo nelle piccole imprese.

La Corte Costituzionale, recentemente, come era nell’aria da anni, anticipata da una varietà di sentenze, ha dichiarato incostituzionale il tetto delle 6 mensilità previsto per l’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo nelle imprese sotto i 16 dipendenti.


In particolare è stata dichiarata illegittima quella parte della legge 23/2015, disciplinante i cd licenziamenti a tutele crescenti” in cui si prevedeva la soglia massima di 6 mensilità. Tale limite rigido, secondo alcuni negava al giudice la possibilità di personalizzare il risarcimento sulla base della gravità del fatto, dell’anzianità del lavoratore, della condotta delle parti e delle dimensioni effettive dell’azienda. La Suprema Corte ha sancito che il licenziamento illegittimo è un illecito, anche nelle piccole imprese, va risarcito in modo adeguato e proporzionato, non più con un automatismo, ma una valutazione equa.

La nuova forbice dell’indennità, fissata fra le 3 e le 18 mensilità, costituisce una novità epocale per oltre 800.000 micro-imprese italiane che dovranno ora fare i conti con un sistema più articolato, meno prevedibile… e più costoso.

Non viene meno il dimezzamento rispetto alle aziende più grandi, dove si arriva fino a 36 mensilità, ma sparisce il tetto massimo che neutralizzava la funzione deterrente della norma. Un cambio di paradigma che apre nuovi scenari anche in sede di conciliazione: non sarà più realistico “chiudere al massimo a 6 mensilità”.


La pronuncia non riguarda solo gli imprenditori, ma anche i datori non imprenditoriali, enti religiosi, sindacati, associazioni culturali, ecc., e potrebbe riflettersi su tutte le procedure conciliative presso Ispettorati, sindacati o organismi di certificazione.

Con ogni probabilità, l’effetto domino coinvolgerà anche il tentativo facoltativo di conciliazione con indennità predefinita da 1 a 6 mensilità, tale strumento, dopo questa sentenza, sembra obsoleto.

Resta aperta la vera questione: ha ancora senso distinguere tutele in base al numero di dipendenti, in un contesto in cui la tecnologia consente fatturati milionari con pochi lavoratori subordinati, oppure serve una nuova definizione di “piccola impresa”.


La certezza è la fine del tempo delle tutele “scontate”, il datore può confidare adesso solo nel rispetto delle regole che, purtroppo, non sempre, nel sistema attuale, preserva da contenziosi.

I dubbi sono molteplici, la sentenza è in contrasto con ciò che serve maggiormente al mercato italiano per attirare investimenti, la certezza della durata e del costo di eventuali contenziosi, ed amplifica il rischio di cause che creino nuovamente ingorghi nei tribunali.

Non si può, infine, ignorare che la sua emanazione è immediatamente successiva ad una consultazione referendaria negativa sullo stesso argomento, fra l’altro analizzato proprio in questa rubrica, e quindi, almeno nei tempi, poco opportuna.

 
 
 

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