Con l’approvazione alla Camera del c.d. Collegato Lavoro e tenuto conto dell’intenzione della maggioranza al Governo di procedere rapidamente alla definitiva approvazione, è ormai prossima l’entrata in vigore di una serie di disposizioni che interessano l’amministrazione del personale.
Sicuramente tra le più attese vi è la previsione di una nuova forma di risoluzione del rapporto di lavoro determinata dall’assenza ingiustificata del lavoratore.
Si prevede, infatti, che l’assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal Contratto collettivo nazionale del lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, comporti la risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore.
In sostanza, viene tipizzata una specifica fattispecie di recesso determinata dall’assenza ingiustificata del lavoratore e imputata alla volontà di quest’ultimo, in deroga alla modalità telematica di dimissioni del lavoratore tuttora in vigore.
Il datore di lavoro, a titolo cautelativo e per evitare possibili abusi, deve dare comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima, l’assenza ingiustificata, inoltre il rapporto di lavoro non si risolve se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.
E’ evidente che l’assenza ingiustificata del lavoro, nel momento in cui si supera la soglia di tolleranza prevista dal CCNL, smette di essere un’ipotesi di licenziamento disciplinare, dove la parte lesa, in questo caso il datore di lavoro, deve farsi carico sia della gestione non sempre scorrevole della procedura disciplinare, vedasi difficoltà a notificare le contestazioni, sia dei relativi oneri contributivi quali il contributo d’ingresso alla NASPI che il lavoratore si appresta a percepire.
Al di la dalle solite interpretazioni strumentali la novità in arrivo sembra porre freno alle dilaganti assenze funzionali al licenziamento disciplinare e all’accesso fraudolento alla prestazione della disoccupazione.
Nel testo del “collegato” è presente anche un’interessante disposizione in materia di lavoro stagionale che mira a prevenire possibili contenziosi derivanti da un orientamento giurisprudenziale recente secondo cui i picchi stagionali di attività continuative non dovrebbero essere considerati come lavoro stagionale. Attraverso una norma retroattiva che definisce stagionali “le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa” si neutralizzano potenziali conflitti in settori come quello dei pubblici esercizi.
Non poteva mancare poi qualche modifica al lavoro a termine, stavolta viene fissato un meccanismo certo di determinazione della durata del periodo di prova, ovvero un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro, con un minimo di due giorni ed un massimo di quindici per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a 6 mesi, e 30 giorni, per quelli aventi durata superiore a 6 mesi e inferiore a 12 mesi”.
Sono, introdotte, infine, due nuove fattispecie di esenzione dal computo dei limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori, i lavoratori il cui contratto di lavoro con il somministratore sia a tempo indeterminato ed alcune fattispecie di contratto a tempo determinato escluse dall’applicazione dei limiti quantitativi.
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