Si dice “contratto a termine” si legge “attenzione, cautela e molta prudenza”, infatti la sua sempre mutevole disciplina, dettata dai colori e dagli umori dei vari Governi che si succedono, rende tale tipologia contrattuale un rebus pieno di criticità operative.
Esiste poi una “variante” di tale contratto, che gode però di alcune agevolazioni, una sorta di libertà rispetto ad alcuni dei vincoli che insidiano la versione base, si tratta dei contratti a termine di tipo stagionale, da questi giorni in avanti molto frequentati, dato l’avvicinarsi degli attesi periodi di vacanza.
Non si pensi, tuttavia, neanche in tal caso, ad una comoda passeggiata dovendosi affrontare, anzitutto, con cognizione di causa, il problema della stagionalità che, a ben vedere, si sviluppa su 2 distinti piani, il primo legato alle imprese di stagione, le quali operano soltanto in determinati periodi dell’anno, il secondo, invece, a quelle ad apertura annuale, che, tuttavia, hanno un’attività che risente in maniera importante del periodo stagionale.
Il Legislatore del Jobs Act, che ha avuto il merito di riunire la disciplina generale dei vari contratti di lavoro in uno specifico testo normativo, il famoso D.Lgs. 81/2015, ha tentato una definizione di stagionalità chiedendo al Ministero del lavoro di intervenire in via regolamentare, con proprio Decreto. Per evitare precedenti situazioni di stallo, il Legislatore ha però previsto che, nelle more dell’emanazione di tale decretazione, restasse in vigore la disposizione ex D.P.R. 1525/1963, col suo elenco di attività assai datate. Mai previsione fu così azzeccata, dal 2015 a oggi nessuna traccia del nuovo decreto.
Per risolvere Il problema operativo ancora oggi si utilizza il testo del 1963, dove sono individuate le attività di tipo turistico tramite questa definizione: “attività svolte in colonie montane, marine e curative e attività esercitate dalle aziende turistiche, che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi”. Come si può constatare I periodi di chiusura divengono quindi vero e proprio punto di riferimento per individuare le imprese stagionali.
Oltre a ciò il cd “jobs act” delega alla contrattazione collettiva, di qualunque livello l’individuazione, settore per settore, delle aziende che hanno carattere stagionale.
Superato o quasi il problema di definire la stagionalità, vediamo, in massima sintesi, le molte agevolazioni di cui è possibile usufruire stipulando un contratto di tipo stagionale. In tal caso non si applicano, infatti, ne la durata massima dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore e lavoratore, per effetto di una successione di contratti che prevedano lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, di 24 mesi totali, ne la rigida normativa su proroghe e rinnovi, ne i periodi di stop & go, ovvero i necessari periodi di stacco, tra un contratto e il successivo ne, infine, i limiti numerici, ovvero le limitazioni al numero dei contratti a termine stipulabili previste dalla norma generale o dai Ccnl.
A completamento di così tante deroghe, si ricorda che anche l’eventuale diritto di precedenza, previsto ex articolo 24 del Codice dei contratti, ha una propria e distinta regolamentazione per le ipotesi di stagionalità.
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