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Immagine del redattoreStudio Casadio

Giovani, lavoro e nuovo esecutivo

Il 31 Marzo è la prima data critica sull’agenda del nuovo governo Draghi chiamato subito a decidere in merito al blocco generalizzato dei licenziamenti per motivi economici in vigore in Italia, unico esempio fra i paesi industrializzati, dal 17 marzo 2020. Il tema è quanto mai divisivo, da una parte le imprese che chiedono di poter avviare i processi di ristrutturazione, dall’altra i sindacati che invece premono per proseguire con il blocco.

Il venir meno del divieto di licenziamento sbloccherebbe immediatamente riduzioni di personale congelate da oltre un anno senza dare alcuna certezza che la ritrovata flessibilità contribuisca nel breve periodo ad incentivare nuove assunzioni o eventuali passaggi da un’azienda all’altra. Per evitare una ripercussione improvvisa sull’occupazione, visto che il saldo fra attivazioni e cessazioni del 2020 ha dato un saldo negativo per 42mila posizioni, Il nuovo Governo potrebbe anche valutare un superamento graduale del divieto di licenziare, continuando a mantenerlo solo nei settori più in crisi, o differenziandolo in base al fatturato delle aziende.

In questo contesto allarma la questione giovanile, a dicembre 2020, ultimo dato Istat, la disoccupazione giovanile è tornata a sfiorare il 30%, in aumento di 1,3 punti su dicembre 2019, peggio di noi solo Spagna e Grecia, allarmante la percentuale dei ragazzi che non studiano ne lavorano, un 23,4% che ci relega all’ultimo posto in Europa e dei laureati nella fascia 30-34 anni ove siamo lontani 14 punti percentuale dalla media dell’unione Europea.

Per i giovanissimi si è aggiunto un preoccupante gap di competenze a causa della scuola “a singhiozzo” che va avanti da un paio d’anni e delle difficoltà nel seguire le lezioni nella modalità didattica a distanza.

La scadenza di fine Marzo diventa un rebus perché non ci trova preparati, non sono pronti ne la riforma degli ammortizzatori sociali ed il rafforzamento della Naspi, la bozza elaborata dal governo uscente, infatti, costa troppo, 20 miliardi circa nella fase di transizione e 10 a regime, ne un programma efficiente di politiche attive.

In ultimo ma non per ultimo il problema delle assunzioni ferme al palo ormai da mesi, le ipotesi più gettonate riguardano il superamento dei vincoli posti dal decreto Dignità sui rapporti temporanei, il tema degli incentivi al lavoro stabile, quanto mai carenti nella legge di bilancio, e la riduzione del costo del lavoro sempre auspicato ma anche fin qui rinviato.

Di fronte a questa montagna da scalare è necessario un “In bocca al lupo” al nuovo governo, nessuno di noi può rassegnarsi ad un paese che non ha futuro per i giovani.

Giovani, lavoro e nuovo esecutivo

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